Un servizio del 10 Dicembre scorso de Il Sole 24 Ore, a cura di Antonio Armano parla de L'altro Kant:
"Sulla sua tomba a Kaliningrad Kant in pace
di Antonio Armano
La vita notturna di Kaliningrad non è delle più animate ma ci sono locali nuovi dove sembra di stare in Europa, non fosse che a un certo punto ti dicono con tranquillità «Attenzione spostati», ti volti ed eviti per poco d'essere travolto da una tipica rissa russa. Botte da orbi poi, nel giro di pochi secondi, finisce il trambusto e una vecchia babuška pulisce con lo straccio la pista coperta da una pioggia di sangue. Tutto normale – la gente bada soprattutto a non sporcarsi le scarpe e i calzoni – se uno pensa di trovarsi in Russia e perdipiù una Russia molto particolare. Kaliningrad è un pezzo di territorio russo fuori dalla Russia: una exclave, si dice in termine tecnico, rimasta fino al 1991 zakrytaja zona, zona chiusa, per la fabbricazione di navi da guerra.
Un tempo si chiamava Königsberg, era la capitale della Prussia orientale, il prospero e ordinato sfondo della monotona vita di Immanuel Kant. Il filosofo non amava viaggiare e non lasciò mai Königsberg, se non per qualche gita in carrozza con rientro in giornata. In compenso da morto si è fatto una serie di viaggi pur restando fermo nella tomba della cattedrale, il Königsberg Dom, dov'è sepolto; perché si sono spostati i confini e le popolazioni intorno a lui. Nella Seconda guerra mondiale la città fu conquistata dall'Armata rossa e inglobata nell'Unione sovietica. Nel 1946 Stalin le diede il nome di Kaliningrad (in onore di Michail Kalinin, bolscevico e capo di Stato sovietico, morto quell'anno) e costrinse i tedeschi ad andarsene per sostituirli con i russi. Nel 1991, con la fine dell'Urss, Kaliningrad si è trovata separata dalla Russia e ha iniziato ad aprirsi alle visite degli stranieri, profughi e figli di profughi tedeschi. Dal 2004 – bicentenario della morte di Kant e dell'ingresso di Polonia e Lituania, i Paesi confinanti, nell'Unione europea – la città è ancora più isolata e per andare nella madrepatria i kaliningradesi devono prendere l'aereo o fare il visto. Di qui un certo malcontento serpeggiante.
Fa effetto pensare a Kant, uomo turbato da ogni minimo cambiamento, al centro di scossoni storico-politici così pesanti. Ma c'è una sorta di rivincita in questo restare al centro di tutto e riacquistare centralità nella recente risistemazione urbanistica cui non è estraneo il recupero dell'identità tedesca. La cattedrale dove si trova la tomba è una delle poche architetture rimaste in piedi – più o meno - dopo i bombardamenti inglesi. Con il contributo dei tedeschi, è stata ricostruita dopo anni di rovina e abbandono. La visitano comitive di turisti della nostalgia: «Vengo da una cittadina vicino a Francoforte – dice a IL uno di loro – e sono arrivato in autobus. Il nostro è un gruppo di persone la cui famiglia è originaria di queste zone. Prima della guerra questa era terra tedesca».
Non può mancare una foto ricordo davanti alla tomba di Kant, con Nietzsche il filosofo tedesco più conosciuto, anche se per caratteristiche opposte. Ma l'eccessiva regolatezza può diventare una forma di sregolatezza tale da contribuire a creare una leggenda: pochi anni dopo la morte, nel 1827, Thomas de Quincey gli dedicò un ritratto, Gli ultimi giorni della vita di Immanuel Kant (Adelphi), indulgendo non poco sulle stranezze della sua vita abitudinaria.
Il filosofo si alzava tutte le mattine verso le cinque, mangiava soltanto a pranzo e usciva alle cinque di sera per la passeggiata, così puntuale che gli abitanti regolavano gli orologi. Pranzava in compagnia ma passeggiava – e qui inizia la nevrosi ipocondriaca – solo. Non per meditare in tranquillità: per respirare con il naso, cosa che non avrebbe potuto fare in compagnia, dovendo aprire la bocca per parlare: «Saldo e perseverante in questo esercizio, che raccomandava costantemente ai suoi amici, Kant si vantava di una lunga immunità da raffreddori, malesseri, catarri e disturbi polmonari». Aveva un sistema di tiranti per reggere le calze senza usare – come i suoi contemporanei – le giarrettiere che bloccavano la circolazione. Alle dieci andava a dormire nella stanza completamente buia: un raggio di luna poteva turbargli il riposo.
All'ingresso della cattedrale, c'è una foto che ritrae Putin con il cancelliere tedesco Gerard Schröder in segno di pacificazione. Molti lavori di recupero dell'identità tedesca sono stati fatti per il 750esimo anniversario di fondazione della città (1255-2005). Ma la chiesa è tornata solo in minima parte a essere un luogo di culto. Lo spazio principale è ora una grande sala da concerti. Ai lati, due cappelle: a sinistra quella russo-ortodossa, a destra quella tedesco-protestante. Ai piani superiori si trova una mappa della città nel 1613, un plastico della chiesa, alcune foto di come appariva dopo la distruzione e dei resti: mattoni, decorazioni... Poi ritratti di Kant, giornali che annunciano la sua morte, una piccola statua che lo raffigura pensoso a passeggio, un calco del suo cranio in gesso poggiato sopra al cuscino mortuario. Il volto è scarnificato non solo per l'età: «Era malato presumibilmente di Alzheimer», spiega Federica Sgarbi, autrice di L'altro Kant (edito da Piccin), con Renato Fellin e Stefano Caracciolo. Un bel contrappasso per chi come lui ha fatto del controllo e della ferrea disciplina un leimotiv... «Nella disciplina sta l'essenza e la grandezza del filosofo – dice la Sgarbi – capace di rimanere coerente al suo pensiero e ai suoi valori per l'intera esistenza, nella professione e nel privato. Uno dei suoi studenti, Jachmann, diceva: Kant si distingueva anche per la saldezza del carattere, il dominio di sé e la forza d'animo».
Fermo restando il ruolo fondamentale nel superare razionalismo ed empirismo e traghettare, con la Critica della ragion pura, la filosofia fuori dalle secche dell'illuminismo, alcuni aspetti della vita e dell'opera di Kant sono meno noti. L'altro Kant appunto: gli studi astronomici, le intuizioni in campo medico: «La terza parte del Conflitto delle Facoltà – dice la Sgarbi – dedicata al conflitto tra la facoltà di filosofia e quella di medicina tratta dei possibili effetti benefici della mente nella cura del corpo ed è considerabile forse come antesignano di quella che oggi definiamo psicosomatica». Nell'ironico Goodbye Kant! (Bompiani), Maurizio Ferraris auspica che si tolga a Kant «un po' di ruggine per restituirlo all'attualità» e definisce il suo contributo alla storia del pensiero una «rivoluzione copernicana». Certo resta molto ostica la lettura della Critica della ragion pura, per lo stile oscuro e involuto, il «contenuto vastissimo e complesso», e una «certa trascuratezza nella grammatica e nella sintassi», come evidenzia Giorgio Colli, autore della traduzione italiana edita da Adelphi nel 1976.
La cattedrale e la tomba si trovano sull'isola di Kneiphof, ribattezzata "isola di Kant". Una delle vie di accesso è un ponticello, costruito ex novo su modello teutonico, e pieno di lucchetti e i nomi degli innamorati, stile ponte Milvio a Roma, Moccia e dintorni. Kant amava circondarsi di giovani ma sarebbe inorridito; era riservatissimo e non si sposò mai a causa, sostengono in molti, della delicata ma ingombrante figura della madre, una protestante pietista che morì giovane dopo averlo coinvolto in lunghe ore di preghiera. Il padre era un sellaio di origine scozzese. "
Un tempo si chiamava Königsberg, era la capitale della Prussia orientale, il prospero e ordinato sfondo della monotona vita di Immanuel Kant. Il filosofo non amava viaggiare e non lasciò mai Königsberg, se non per qualche gita in carrozza con rientro in giornata. In compenso da morto si è fatto una serie di viaggi pur restando fermo nella tomba della cattedrale, il Königsberg Dom, dov'è sepolto; perché si sono spostati i confini e le popolazioni intorno a lui. Nella Seconda guerra mondiale la città fu conquistata dall'Armata rossa e inglobata nell'Unione sovietica. Nel 1946 Stalin le diede il nome di Kaliningrad (in onore di Michail Kalinin, bolscevico e capo di Stato sovietico, morto quell'anno) e costrinse i tedeschi ad andarsene per sostituirli con i russi. Nel 1991, con la fine dell'Urss, Kaliningrad si è trovata separata dalla Russia e ha iniziato ad aprirsi alle visite degli stranieri, profughi e figli di profughi tedeschi. Dal 2004 – bicentenario della morte di Kant e dell'ingresso di Polonia e Lituania, i Paesi confinanti, nell'Unione europea – la città è ancora più isolata e per andare nella madrepatria i kaliningradesi devono prendere l'aereo o fare il visto. Di qui un certo malcontento serpeggiante.
Fa effetto pensare a Kant, uomo turbato da ogni minimo cambiamento, al centro di scossoni storico-politici così pesanti. Ma c'è una sorta di rivincita in questo restare al centro di tutto e riacquistare centralità nella recente risistemazione urbanistica cui non è estraneo il recupero dell'identità tedesca. La cattedrale dove si trova la tomba è una delle poche architetture rimaste in piedi – più o meno - dopo i bombardamenti inglesi. Con il contributo dei tedeschi, è stata ricostruita dopo anni di rovina e abbandono. La visitano comitive di turisti della nostalgia: «Vengo da una cittadina vicino a Francoforte – dice a IL uno di loro – e sono arrivato in autobus. Il nostro è un gruppo di persone la cui famiglia è originaria di queste zone. Prima della guerra questa era terra tedesca».
Non può mancare una foto ricordo davanti alla tomba di Kant, con Nietzsche il filosofo tedesco più conosciuto, anche se per caratteristiche opposte. Ma l'eccessiva regolatezza può diventare una forma di sregolatezza tale da contribuire a creare una leggenda: pochi anni dopo la morte, nel 1827, Thomas de Quincey gli dedicò un ritratto, Gli ultimi giorni della vita di Immanuel Kant (Adelphi), indulgendo non poco sulle stranezze della sua vita abitudinaria.
Il filosofo si alzava tutte le mattine verso le cinque, mangiava soltanto a pranzo e usciva alle cinque di sera per la passeggiata, così puntuale che gli abitanti regolavano gli orologi. Pranzava in compagnia ma passeggiava – e qui inizia la nevrosi ipocondriaca – solo. Non per meditare in tranquillità: per respirare con il naso, cosa che non avrebbe potuto fare in compagnia, dovendo aprire la bocca per parlare: «Saldo e perseverante in questo esercizio, che raccomandava costantemente ai suoi amici, Kant si vantava di una lunga immunità da raffreddori, malesseri, catarri e disturbi polmonari». Aveva un sistema di tiranti per reggere le calze senza usare – come i suoi contemporanei – le giarrettiere che bloccavano la circolazione. Alle dieci andava a dormire nella stanza completamente buia: un raggio di luna poteva turbargli il riposo.
All'ingresso della cattedrale, c'è una foto che ritrae Putin con il cancelliere tedesco Gerard Schröder in segno di pacificazione. Molti lavori di recupero dell'identità tedesca sono stati fatti per il 750esimo anniversario di fondazione della città (1255-2005). Ma la chiesa è tornata solo in minima parte a essere un luogo di culto. Lo spazio principale è ora una grande sala da concerti. Ai lati, due cappelle: a sinistra quella russo-ortodossa, a destra quella tedesco-protestante. Ai piani superiori si trova una mappa della città nel 1613, un plastico della chiesa, alcune foto di come appariva dopo la distruzione e dei resti: mattoni, decorazioni... Poi ritratti di Kant, giornali che annunciano la sua morte, una piccola statua che lo raffigura pensoso a passeggio, un calco del suo cranio in gesso poggiato sopra al cuscino mortuario. Il volto è scarnificato non solo per l'età: «Era malato presumibilmente di Alzheimer», spiega Federica Sgarbi, autrice di L'altro Kant (edito da Piccin), con Renato Fellin e Stefano Caracciolo. Un bel contrappasso per chi come lui ha fatto del controllo e della ferrea disciplina un leimotiv... «Nella disciplina sta l'essenza e la grandezza del filosofo – dice la Sgarbi – capace di rimanere coerente al suo pensiero e ai suoi valori per l'intera esistenza, nella professione e nel privato. Uno dei suoi studenti, Jachmann, diceva: Kant si distingueva anche per la saldezza del carattere, il dominio di sé e la forza d'animo».
Fermo restando il ruolo fondamentale nel superare razionalismo ed empirismo e traghettare, con la Critica della ragion pura, la filosofia fuori dalle secche dell'illuminismo, alcuni aspetti della vita e dell'opera di Kant sono meno noti. L'altro Kant appunto: gli studi astronomici, le intuizioni in campo medico: «La terza parte del Conflitto delle Facoltà – dice la Sgarbi – dedicata al conflitto tra la facoltà di filosofia e quella di medicina tratta dei possibili effetti benefici della mente nella cura del corpo ed è considerabile forse come antesignano di quella che oggi definiamo psicosomatica». Nell'ironico Goodbye Kant! (Bompiani), Maurizio Ferraris auspica che si tolga a Kant «un po' di ruggine per restituirlo all'attualità» e definisce il suo contributo alla storia del pensiero una «rivoluzione copernicana». Certo resta molto ostica la lettura della Critica della ragion pura, per lo stile oscuro e involuto, il «contenuto vastissimo e complesso», e una «certa trascuratezza nella grammatica e nella sintassi», come evidenzia Giorgio Colli, autore della traduzione italiana edita da Adelphi nel 1976.
La cattedrale e la tomba si trovano sull'isola di Kneiphof, ribattezzata "isola di Kant". Una delle vie di accesso è un ponticello, costruito ex novo su modello teutonico, e pieno di lucchetti e i nomi degli innamorati, stile ponte Milvio a Roma, Moccia e dintorni. Kant amava circondarsi di giovani ma sarebbe inorridito; era riservatissimo e non si sposò mai a causa, sostengono in molti, della delicata ma ingombrante figura della madre, una protestante pietista che morì giovane dopo averlo coinvolto in lunghe ore di preghiera. Il padre era un sellaio di origine scozzese. "